Quando i ragazzi diventano protagonisti: il racconto di Lucrezia Prestini, Tutor del CCRR di Mede (PV)

// 01/12/2025

Quando i ragazzi diventano protagonisti: il racconto di Lucrezia Prestini, Tutor del CCRR di Mede (PV)

Lucrezia Prestini è la Tutor del Consiglio Comunale delle Ragazze e dei Ragazzi di Mede, figura centrale nella rinascita di questo progetto educativo e civico, tornato attivo dopo oltre vent’anni di pausa. Consigliera comunale e da sempre profondamente legata alla sua città, ha scelto — o meglio, si è naturalmente trovata — a ricoprire un ruolo che unisce guida, sostegno e visione. Con passione e dedizione accompagna i giovani consiglieri in un percorso che li porta a conoscere da vicino la vita amministrativa, a sviluppare senso civico e a costruire un legame autentico con il proprio territorio. In questa intervista racconta cosa significa essere tutor, cosa spera che i ragazzi apprendano e quale valore può avere la gentilezza come filo conduttore per il CCRR di Mede.

Di cosa ti occupi come tutor del Consiglio Comunale delle Ragazze e dei Ragazzi e come supporti i giovani componenti del CCRR?
La figura del tutor rappresenta una guida e un supporto in un percorso di apprendimento. Non è un semplice insegnante, ma qualcuno che aiuta a sviluppare la propria autonomia e le proprie capacità. Nel caso del CCRR di Mede, per me essere un tutor significa “motivare” i giovani a non soffermarsi solo sul piacere di essere “eletti”, bensì a comprendere che la candidatura, le votazioni e la conseguente elezione sono solo l’inizio di un percorso formativo fatto di nuove visioni e nuovi orizzonti.
All’interno del CCRR di Mede, come tutor, non ho soltanto un compito, bensì il dovere di istruire i ragazzi nella conoscenza della macchina burocratica del Comune: mi sono prefissata l’obiettivo di dare loro le basi necessarie per sapere cosa significa “andare a votare”, chi sono le persone che ci amministrano e cosa, tutti insieme, possiamo fare per migliorare la nostra città.
Seguo i giovani amministratori dall’inizio dell’attività: con il Sindaco “dei grandi” facciamo un primo approccio a scuola, dove spieghiamo il progetto e identifichiamo i punti chiave. Successivamente li supporto durante tutta la campagna elettorale, affiancando anche l’insegnante dell’Istituto comprensivo individuata come responsabile per la parte scolastica.
Dopo le elezioni seguo i ragazzi per tutto il mandato, che dura due anni, elaborando il loro programma elettorale, mostrando loro la vita politica e permettendo loro di toccarla con mano. Questo credo sia uno dei più grandi supporti che un tutor possa dare a giovani studenti/amministratori: assegnare responsabilità significa attribuire valore e riconoscere l’importanza che, al giorno d’oggi, meritano.
Non significa lasciare loro carta bianca su ogni decisione o conferire un “potere” che, in giovane età, potrebbe risultare controproducente: responsabilità e incarichi sono alla base di ogni buon sviluppo, ma sempre sotto la supervisione di un adulto in grado di guidarli da dietro, pronto a sorreggerli qualora cadessero.

Perché hai scelto di diventare tutor del CCRR della tua comunità?
Non l’ho scelto. Al momento della mia elezione a consigliere comunale ho voluto fortemente riprendere in mano il progetto del CCRR, sospeso da 20 anni.
Ho rivisto tutto il regolamento, mantenendo le figure in esso contenute ma rivisitandolo per adattarlo alle nostre esigenze e renderlo il più possibile simile alla vita pubblica “degli adulti”. È stato quindi naturale che il Sindaco degli adulti mi delegasse come tutor, avendone curato ogni aspetto fin dall’inizio.

Cosa speri che i componenti del CCRR apprendano da questa esperienza?
La bellezza della nostra città, prima di qualsiasi altra cosa.
Essere componenti del CCRR, per me, non ha l’obiettivo di far diventare “politici” tutti i ragazzi che ne fanno parte. Ciò che desidero è che in loro si rafforzi il legame con la propria città: quando lavori a qualcosa, inevitabilmente te ne affezioni. È un po’ come se fosse una tua creatura: vederla crescere, sapendo che ciò che è stato realizzato è anche merito tuo, crea un legame affettivo.
Alcuni di loro hanno lo spirito per diventare futuri amministratori, ma non è questo il fine principale, bensì una possibile conseguenza. È ciò che è accaduto anche a me: più di 20 anni fa facevo parte del CCRR. Amavo e amo Mede. Ho avuto genitori che hanno dato molto al paese. Diventare amministratore è stata una naturale conseguenza.
Come ripeto sempre, il mio motto da quando ho intrapreso questa scelta di vita al servizio della comunità è: “bambini felici, adulti che restano”.
È importante dare ai giovani le basi per essere fieri e felici del luogo in cui vivono, contribuendo anche come attori attivi.
L’allontanamento dalle origini è naturale — studi, lavoro, nuove amicizie — ma se ai giovani diamo basi solide di legame con il territorio, soprattutto in una zona come la nostra, la Lomellina, soggetta a spopolamento, allora avremo dato loro il più forte motivo per restare (o tornare): l’amore e la passione. E questo lo si costruisce anche grazie a progetti come il CCRR, che li coinvolgono direttamente.

Cosa hai imparato finora sui giovani nel tuo ruolo di tutor di un CCRR?
Tutto ciò che immaginavo potessero darmi. Ho estrema fiducia nei giovani, pur essendo consapevole di come la società sia cambiata e di quanto, a volte, io pensi che avrei voluto vedere com’era vivere 50 anni fa.
Da loro si apprende ciò che nemmeno lontanamente si può immaginare: ho un passato da maestra; per alcuni anni, durante gli studi universitari, ho insegnato e ricordo bene le sensazioni che i ragazzi sanno trasmettere. Alcuni di loro sembrano “nell’ombra”: non si conosce nulla di loro, nemmeno il cognome (e parlo da piccola città, dove bene o male tutti sappiamo chi siamo). Ma da queste ombre emergono spiragli di luce.
Sono certa che molti di loro faranno carriera: hanno piglio, prontezza e, benché molti adulti non ci credano più, conservano ancora tanta innocenza, quella mista a grinta, voglia di fare e al pensiero: “perché no?”, quando noi adulti spesso diciamo di no.
Da loro si impara che c’è sempre una possibilità, che nulla finisce al primo ostacolo o al primo fallimento. Al contrario, noi adulti possiamo apprendere da loro la caparbietà.
Lavorare con preadolescenti e adolescenti non è semplice: bisogna avere la costanza di non abbattersi davanti ai loro “no”, “non voglio”, “non posso”, “non vengo”. Di fronte a risposte a volte disinteressate, bisogna avere la capacità di vedere oltre e comprendere che è solo un momento, proprio come accade a noi adulti — loro hanno semplicemente più coraggio nel dirlo.
Ho imparato a relazionarmi con soggetti fragili, diversi, pieni di emozioni che esplodono a momenti alterni. La capacità di relazionarsi con empatia, comprensione e quella fermezza che non è da “capo”, ma da leader.

In che modo fare rete tra i vari CCRR, impiegando la gentilezza come filo conduttore, può contribuire a valorizzare l’attività svolta da ciascun consiglio comunale delle ragazze e dei ragazzi?
Mostrando quanto, nel nostro Paese, si possa ancora fare per il bene comune.
In una società che dà ancora poco credito ai giovani, poter vedere quanti tra i 9 e i 13 anni si impegnano in iniziative che valorizzano la comunità e promuovono buone pratiche per essere compagni, colleghi e persone migliori, è fondamentale.
Avere una rete che li raccolga permette di rendere evidenti questi aspetti.

A partire dalla tua esperienza, che consiglio ti senti di dare a chi sta per diventare tutor di un CCRR?
Metterci amore. Farlo davvero per il bene dei ragazzi e non trattarli come bambini. Prenderli sotto le proprie ali e accompagnarli in momenti piacevoli, educativi e ricreativi. Non farlo perché “tutti i comuni vicini lo stanno facendo”, ma perché ci si crede davvero.

Cosa significa per te essere il tutor di un CCRR che dà spazio alla gentilezza?
In primo luogo, poter dire che anche Mede sta lavorando in questo progetto. In secondo luogo, significa aver dato ulteriore importanza al CCRR, non soltanto per le finalità in cui credo profondamente, ma anche e soprattutto per il valore didattico che esso concretizza.